La vita da romanzo di un “cane sciolto”
La vita da romanzo di un “cane sciolto”
Intervista a Federico Scarioni di Fabrizio Tassi – La voce dei Navigli – 26 settembre 2017
Come è nato questo libro? «Per caso. Le cose che nascono dalla casualità possiedono un fascino differente. Stimavo Omar come artista trasversale, e quando ho scritto “Il dinosauro di plastica” gli ho chiesto una prefazione, che ha mandato la sera prima di andare in stampa. Da lì è nata un’amicizia “virtuale”. Qualche tempo dopo, un amico editore di Genova, Federico Traversa della Chinaski, voleva proporgli una biografia. “Sì – ha risposto lui – mi piace l’idea, ma voglio che la scriva Federico”. Io, che non sono un biografo e non sapevo a cosa stessi andando incontro, ho risposto con un “Sì, certo, sono un esperto in biografie!”. Siamo scoppiati a ridere e da lì è nato tutto, da una complicità».
Chi è Omar Pedrini? «È difficile raccontarlo in poche parole. Ci sono volute 352 pagine per condensare la sua carriera lunga 30 anni e ho ancora moltissimo materiale a disposizione (chissà, magari per un “Cane sciolto 2”!). Quello che posso dirti è che è un uomo molto generoso e profondo, altamente spirituale. Ma è anche uno tosto, deciso, tenace. Un uomo che ha alienato completamente la sua vita nell’arte».
Cosa ti ha dato questa esperienza lunga due anni? «Tantissimo. Come ti dicevo non sono un biografo, difatti abbiamo scritto un “romanzo-biografia”, perché ci andava di fare così, in estrema libertà, è stata un’esperienza narrativa suggestiva. Poi ho avuto l’occasione di intervistare tantissimi artisti (Mauro Corona, Nicolai Lilin, Matteo Guarnaccia, Giulio Mogol) e da tutti loro ho appreso una lezione di vita e sull’arte. Per due anni sono stato l’ombra di Omar, a volte ho avuto la sensazione che le nostre anime si stessero in un certo senso “sovrapponendo”, non so spiegarti, era una sensazione particolare. Di solito quando scrivo un romanzo sono io che creo i personaggi, qui è stato diverso, un personaggio esisteva già, ed era anche molto caratteristico, sfuggiva spesso al mio controllo di narratore».
La cosa più curiosa che vi è capitata? «Ne ricordo una in particolare. Una “notte rock”, dove per un errore nell’organizzazione siamo finiti a dormire in una stanza di un motel, condividendo un letto che puzzava di tequila. Sentivo un ticchettio continuo e non riuscivo a dormire. Ho rivoltato la stanza come un pazzo perché non capivo da dove provenisse quel suono. Omar dormiva. Poi mi sono accorto che il ticchettio proveniva dal suo corpo, mi sono avvicinato e ho capito che era il rumore della valvola cardiaca del suo cuore, immessa dopo un’operazione. È stato un momento emozionante, lo racconto nel libro, mi sono commosso e siamo diventati amici».